“Una misura enormemente ambiziosa”. Teresa Ribera, ministra della Transizione Ecologica in Spagna, ha accolto con soddisfazione l’approvazione alla Camera della prima legge sul cambiamento climatico della storia del Paese. Un testo che mette nero su bianco la strategia per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La proposta è stata approvata da quasi tutti i partiti che hanno sostenuto il governo di Pedro Sánchez, con l’aggiunta di Ciudadanos. Solo gli estremisti di destra di Vox hanno votato contro, mentre Más País e i popolari si sono astenuti, l’uno per la “poca ambizione” e l’altro perché in disaccordo su alcuni punti. Manca solo il voto al Senato, fissato per maggio, ma si vuole fare in fretta: “Siamo arrivati tardi”, ha detto la ministra.
Principali obiettivi – Grazie alla Legge sul cambiamento climatico e la transizione energetica, l’esecutivo prevede di investire, con l’aiuto dei fondi europei, 200 miliardi entro il 2030 che porteranno a un minimo di 250mila nuovi posti di lavoro. Nel corso di questo decennio, le mete previste sono: riduzione delle emissioni di CO₂ del 23% rispetto al 1990, aumento delle fonti rinnovabili dal 40% al 74% per l’elettricità e dal 20% al 42% per tutta l’energia prodotta nel Paese. Más País chiedeva di elevare la percentuale sulle emissioni al 55%, ma il piano prevede revisioni periodiche sui risultati raggiunti – la prima nel 2023 – che serviranno a decidere su eventuali modifiche. “La mancanza di ambizione è deludente”, ha dichiarato Inés Sabanés, deputata del piccolo partito di sinistra.
La mobilità rappresenta uno dei punti nevralgici su cui intervenire, con il veicolo elettrico come principale strumento di conversione. Il 2040 è l’anno limite per la vendita di veicoli commerciali che emettono CO₂, con un corrispondente incremento dei punti di ricarica nelle stazioni di benzina e negli edifici non destinati a uso residenziale. Una decisione che sarà accompagnata dal progresso urbanistico delle città superiori ai 50mila abitanti, con nuovi piani per la mobilità sostenibile e zone a basse emissioni, come a Madrid e Barcellona. Si studierà anche la possibilità di prendere in considerazione combustibili alternativi, come quelli provenienti dalla coltivazione alimentare.
Combustibili fossili e biodiversità – Sia su terra che in mare, la norma punta a limitare lo sfruttamento dei combustibili fossili e di pratiche come il fracking e l’estrazione mineraria dell’uranio. Da quando verrà ufficializzata, probabilmente a maggio, saranno proibite tutte le nuove esplorazioni e i progetti di estrazione di idrocarburi, tranne per quelli già attivi. Ogni cinque anni, il governo approverà un piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico che tenga in conto le vulnerabilità del territorio e protegga la biodiversità. Ci saranno rapporti specifici sul “rischio climatico” così come una “strategia di conservazione degli ecosistemi e delle specie sensibili agli effetti del cambiamento climatico”.
Neanche le aziende resteranno escluse, perché d’ora in poi l’economia dovrà tenere conto della questione ambientale. Ogni grande impresa – il governo definirà concretamente quali in futuro – sarà chiamata a presentare annualmente un report che analizzi i rischi della transizione verso un’economia più sostenibile per l’attività e le misure per risolverli, oltre al calcolo delle emissioni ogni due anni.
Alcune di queste misure saranno accompagnate da altre iniziative, ancora da discutere, come la legge per la “mobilità sostenibile e il finanziamento del trasporto pubblico”, o il piano di “riabilitazione delle abitazioni e rinnovamento urbano”, che dovrà essere approvato entro sei mesi. Il governo non prenderà le decisioni da solo: saranno nominati un comitato di esperti che valuterà gli interventi da adottare e un’assemblea cittadina per contribuire alla sensibilizzazione della società civile sul cambiamento climatico.